Secondo il primo rapporto sui lavoratori immigrati nell’agroalimentare italiano, commissionato dalla FAI-CISL e presentato nei giorni scorsi al CNEL, il lavoro migrante rappresenta il 50% della manodopera attiva del made in Italy agroalimentare.
Eppure i flussi regolari restano gravemente sottodimensionati, con 151.000 quote nel 2024 su 690.000 istanze. E mentre le aziende faticano a reclutare manodopera attraverso i canali ufficiali, vi sono 519mila stranieri presenti irregolarmente in Italia, spesso in balia di mediatori e datori di lavoro che speculano sulla loro invisibilità forzata.
L’ho ribadito in Aula illustrando l’ordine del giorno che, nell’ambito del Pnrr, impegna il Governo a contrastare il fenomeno del caporalato e lo sfruttamento dei lavoratori migranti in agricoltura.
Un fenomeno che va fermato con una regolamentazione dei flussi aderente alle esigenze del comparto e con il potenziamento delle attività ispettive: purtroppo, anche su un tema così importante, c’è stato il totale disimpegno della maggioranza, che ha approvato l’ordine del giorno ma senza individuare le risorse per attuarlo.