Nel decreto flussi non ci sono misure di buon governo del fenomeno migratorio: rimangono a secco sia il settore agricolo che il turismo.
Nonostante i numerosi appelli da parte delle categorie economiche, alle prese con gravi carenze di manodopera, il decreto legge votato a maggioranza dalla Camera e recante disposizioni urgenti in materia di ingresso in Italia di lavoratori stranieri non ha colto l’occasione per ampliare le quote di ingresso già previste di lavoratori o per regolarizzare chi oggi già lavora nel nostro Paese, a cui è scaduto il permesso e che in questo modo si trova o a lavorare in nero o addirittura a dover vagare da irregolare nel nostro Paese.
Nessuna integrazione è concessa per il comparto agricolo, il turismo e tutti i settori che maggiormente necessitano di risorse umane. Viene prevista una quota sperimentale, solo per il 2025, di 10.000 unità per le persone che lavorano nei settori dell’assistenza familiare o sociosanitaria, a favore di persone con disabilità o a favore di grandi anziani.
Tra le altre cose, il decreto esclude gli istituti di patronato dal novero dei soggetti abilitati all’invio delle richieste di ingresso dei lavoratori stranieri e di nulla osta al lavoro, sopprimendo così un’importante attività di assistenza gratuita, e infligge una pesante stretta ai ricongiungimenti familiari.
L’inclinazione al razzismo della maggioranza serpeggia in tutto il decreto e si vede anche sul tema della famiglia, una delle sue bandiere.